"Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva dal basso per chiudere verso sud il continente tra due mari (....) è un così bizzarro groviglio di pareti montuose a ridosso l'una dall'altra; spesso non si può nemmeno distinguere in che direzione scorre l'acqua."
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
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APPENNINO-INVITO” A VEGLIA” (2009-04-02)


Chi, anche per una breve vacanza, si è fermato in Appennino, sicuramente si è sentito rivolgere l’invito di andare “ a veglia”, un semplice, antico modo per invitare l’ospite a casa propria. L’origine di tale espressione ha le proprie radici nel tempo che fu, quando la cattiva stagione riuniva le persone nelle stalle, a fine giornata fino a notte fonda. Unendo, come si suol dire, “l’utile al dilettevole”, ci si riuniva per ammaccare noci, cucire, spannocchiare,intrecciare giunchi e, nel contempo, stare insieme, vegliando, raccontandosi di tutto un po’. Le stalle erano, allora, il luogo più accogliente poiché riscaldate dalla presenza di mucche ed altri animali con un fioco lume, appeso al centro del locale ed alimentato con l’olio che ciascuno portava, unica fonte di luce. Chi non si era portato la sedia da casa sedeva sulla paglia; l’ambiente era sereno, si rideva, si sognava e ciascuno contribuiva con le proprie risorse; frizzi, lazzi, indovinelli, stornelli, canti,promesse d’amore fatti di sguardi furtivi e piccole occhiate.I bambini ‘ ruzzavano’ rincorrendosi, tirandosi le foglie e solleticando le altrui orecchie con le foglie del ‘formentone’. Qualche racconto di spiriti o vicende terrificanti, facevan sì che il ritorno a casa fosse un po’ turbato, ma spesso ghiaccio e neve, incorniciati da cieli di diamante, sembravano rischiarare la via e rassicurare i viandanti.
Allora le persone erano più vicine, più vere; cellulare, televisione, computer erano di là da venire, ma tra i monti dell’Appennino risuonavano echi di festa e tradizioni, ora scippati dal progresso, che tanto ci dà e tanto ci toglie.
Veronica Balboni