"Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva dal basso per chiudere verso sud il continente tra due mari (....) è un così bizzarro groviglio di pareti montuose a ridosso l'una dall'altra; spesso non si può nemmeno distinguere in che direzione scorre l'acqua."
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
Gli Articoli di Veronica:

Eugenia Scapardini (2010-01-13)


Una casa già della nonna materna in Appennino, una infanzia fatta di lunghi periodi estivi ivi trascorsi tra paesaggi silenziosi, allegri animali, pietre ataviche, racconti del tempo che fu, riti e feste montane, una vita fatta di suoni, di canti, di piccole cose di tutti i giorni, è così che Eugenia Scapardini ha cominciato ad amare intensamente Cà di Santoni(San Benedetto Val di Sambro) e, successivamente,
ad immortalarne i dettagli, creando pitture che sono, come dichiara l’artista “…l’espressione di una gioia interiore, non un rifugio alla frustrazione”. Un grappolo d’uva solitario, piccole pere donate da un’amica, un micio che dorme, cardi, carciofi,cipolle dell’orto divengono attori protagonisti di scenografie mai casuali, bensì finemente inquadrate e dipinte in composizioni accuratissime, teatrali, con il gusto dell’osservazione, dell’analisi con una visione molto razionale degli oggetti,eppur così immediata. Tovaglie ‘della nonna’ un poco sdrucite, piccoli drappi pieghettati, oggetti da cucina o bottiglie di vetro, tegole, lastre spesso presenti nelle intime case di sasso di montagna, vengono riprodotte dall’artista in schemi tecnici ben definiti, dai quali si evince lo studio costante per apprendere sempre migliori tecniche rappresentative, unite ad una indubbia sensibilità personale nonchè ad una formazione di studi da decoratrice tecnica e scenografica data dal frequentare ed il diplomarsi in “Scenografia” all’Accademia di Belle Arti a Bologna. Allieva, fra gli altri, di Cleto Tomba, Luigi Vignali e Lea Colliva, al Liceo Artistico, la Scapardini ha saputo’rivelare’ cose, apparentemente insignificanti,
ad un pubblico che ha ritrovato, nelle sue tele, i propri oggetti quotidiani, la frutta
succosa dei campi o quella ‘ammaccata’ dai temporali improvvisi, tele che hanno
fatto bella mostra di sé in numerose personali. E’ un piacere incontrarla mentre passeggia per la borgata che ama molto, contraccambiata, e si sa che, prima o poi una cosidetta ‘natura morta’ prenderà vita dai tratti del suo pennello smentendone la definizione classica. “Mi sono sempre applicata seriamente per apprendere, unendo allo studio curiosità e paragone con altre epoche e tecniche ”-continua- mentre lo sguardo è già oltre i vetri del’unica locanda del luogo, “La Lanterna” ove ama rifugiarsi per cogliere un’ombra, una foglia,un raggio di sole .Il padre di Eugenia, Pietro Scapardini noto artista del secolo scorso, si innamorò di questi luoghi e li ritrasse, comprese molte persone ancora viventi e che, nelle sue tele, si rivedono bambini non con poca commozione. “Ancora oggi-conclude Eugenia-i suoi quadri, testimoniano l’Appennino che fu e che nessuno mai riprodusse con tanto amore e tanta realtà”
Veronica Balboni